“Il Lauro del Gianicolo: morte di Riccardo Wagner a Venezia”
Opera in due atti
dal romanzo “Il Fuoco” di Gabriele d’Annunzio
drammaturgia e musica di Flavio Colusso
in occasione dell’Anno wagneriano e dannunziano 2013
con il Patrocinio di
Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”
Gabriele d’Annunzio 150
PERSONAGGI / CHARACTERS
STELIO EFFRENA, giovane e geniale poeta, tenore
FOSCARINA, celebre attrice, non più giovane, soprano
DONATELLA ARVALE, giovane cantatrice, soprano
DANIELE GLAURO, filosofo, basso
I COMPAGNI DI STELIO, alto, tenore, basso (ensemble vocale di soli uomini)
download allegato : PDF programma di sala
audio/video : Atto secondo, scena III
“Il Lauro del Gianicolo” incorona Wagner e d’Annunzio
La nuova opera di Flavio Colusso, composta nella duplice ricorrenza del secondo centenario della nascita di Richard Wagner e nel centocinquantesimo della nascita e settantacinquesimo della morte di Gabriele d’Annunzio, prende spunto dalle vicende storiche e autobiografiche dell’imaginifico poeta pescarese, narrate nel romanzo “Il Fuoco” (1900), ambientato a Venezia nell’anno della morte di Wagner.
«Il Fuoco è la sintesi di tutta la vita e di tutta l’opera di Gabriele d’Annunzio, è l’espressione ultima della sua maestria e della sua inquietudine, è un addio inesorabile ed è un inatteso riconoscimento».
Nella parabola della complessa e tempestosa relazione del giovane e geniale poeta Stelio Effrena con la Foscarina, celebre attrice tragica che adombra la figura di Eleonora Duse, gli elementi che confluiscono nella nuova drammaturgia e i motivi ispiratori della musica di Colusso sono: l’ammirazione per la musica ed il pensiero di Wagner - che D’Annunzio considerava l’incarnazione del genio artistico e del quale volle essere e fu tra i portatori a spalla del feretro;
la volontà di affermare un’arte totale nuova che si innesta e nasce dalle radici del passato; l’amore per l’ideale classico latino e per la musica degli antichi italiani, Palestrina, Benedetto Marcello e soprattutto Claudio Monteverdi, considerato anche lui, come Wagner, “novatore” nell’arte; la consacrazione dell’esistenza del poeta alla “missione superiore”, “il sogno del domani” della costruzione di un teatro di pietra a Roma, sul Gianicolo, luogo emblematico dell’apertura verso il passato e verso il futuro. Dialogano con i personaggi principali i Compagni e discepoli del poeta i quali, nell’intreccio lirico e polifonico, rappresentano la vitalità della nuova visione dell’Arte ispirata dalla Gesamtkunstwerk; la cantatrice Donatella Arvale, la quale, catalizzando diversi aspetti del desiderio nel sensuale rapporto fra i due artisti-amanti e suscitando la morbosa gelosia, trascina la Foscarina in uno stato di “pazzia” popolato da ombre, sogni, fantasmi che sfocia nella “esperienza del Labirinto” dal quale l’attrice esce infine trasformata.
L’Opera si conclude con il corteo funebre di Wagner – per la cui morte il mondo intero parve «diminuito di valore» – la cui salma, racchiusa in una teca di cristallo e ornata con una grande corona di alloro proveniente direttamente dal Gianicolo, è portata da Stelio e dai suoi compagni.
D’Annunzio, Wagner e Colusso
Antonio Mazza - 16 novembre 2013 - La Voce di tutti
[…] credo che nessuno, nel passato come nel presente, abbia mai avuto (o eguagliato) la musicalità di Gabriele d’Annunzio. La sua scrittura ha un timbro tutto particolare, sia nel periodare sia nella frase è come una cadenza, un ritmo, per non parlare delle atmosfere […]. Una partitura musicale che ha il suo culmine ne “La pioggia nel pineto”, mentre nella struttura narrativa la forma melodica si coniuga ad un raffinato estetismo, che improntò tutta la vita di d’Annunzio. Lo si può ben definire uno scrittore liberty e perciò ottima è stata l’idea di ambientare “Il Lauro del Gianicolo: morte di Riccardo Wagner a Venezia”, opera in due atti di Flavio Colusso, nel Casino Nobile di Villa Torlonia.
In quella che era la sala da ballo, tutta stucchi, affreschi ed eleganza che anticipano il gusto raffinato della Belle Epoque, Colusso ambienta la sua versione stilizzata de “Il fuoco”, fra i migliori romanzi del Vate (insieme a “Il piacere”, naturalmente). Venezia è la cornice entro la quale si svolge l’azione, la città-illusione, la città che pur reale ha in sé qualcosa di evanescente, un senso di luce-ombre quale perfetta immagine speculare della passione amorosa.
E lo vediamo dall’inizio, l’incontro fra il poeta Stelio e la Foscarina, attrice famosa, che già adombra il mistero, un gioco di rifrazioni verbali ben supportato dalla colonna sonora dal vivo, una musica piena, densa come l’èmpito dei sentimenti che agita i protagonisti.
[…] Colusso ha colto in pieno il senso del messaggio dannunziano, quel suo clima decadente, di palpitante sensualità, sia nella parte scritta, sia nella musica che accompagna ed avvolge i personaggi. La parola cantata si sviluppa seguendo gli eleganti ricami verbali del testo, dove sempre vibra il mistero (“Bellissima creatura notturna, simulacro d’enigmi eterni”, “Al soffio impetuoso la Città di pietra e d’acqua s’è fatta sonora come un organo grandioso”) e, in parallelo, il discorso melodico si accende di toni caldi, con echi tardo romantici. Una trascrizione stilizzata, dicevo all’inizio, dove è solo gestualità fatta di voci e di suoni, a formare una struttura narrativa molto interessante sul piano espressivo.
E’ proprio la sua schematicità a renderla suggestiva, merito degli interpreti, Maria Chiara Chizzoni, soprano (la Foscarina), Luigi Petroni, tenore (Stelio Effrena), Arianna Miceli, soprano (Donatella Arvale), Yoram Chaiter, basso (Daniele Glauro), Alessandro Carmignani, alto, Fabrizio Di Bernardo, basso (gli amici di Stelio, quasi un coro alla greca). E l’Ensemble Seicentonovecento in guisa di formazione da camera, con due pianoforti, violino, chitarra, percussioni, campane: Massimo Felici, Alberto Galletti, Valerio Losito, Antonia Valente. Direttore Gian Rosario Presutti, elementi scenici di Andrea Fogli e regia di Flavio Colusso, che con questo spettacolo ha degnamente celebrato il bicentenario wagneriano e i 150 anni della nascita del Vate (non a caso figura il patrocinio della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani” e di “Gabriele d’Annunzio 150”).