La Scala del cielo
musiche di Giovanni Pierluigi da Palestrina e Flavio Colusso
Ensemble Seicentonovecento
Silvia De Palma, voce recitante
Alessandro Carmignani, cantus I
Jean Nirouet, cantus II
Paolo Borgonovo, altus
Maurizio Dalena, quintus
Paolo Fanciullacci, tenor
Walter Testolin, bassus
Flavio Colusso, sextus e direzione
Andrea Coen, organo
Lucia Di Sapio, arpa
Gianluca Ruggeri, percussioni
Massimo Cialfi, trombone basso
con la partecipazione della
Cappella Musicale di Santa Maria dell’Anima
Programma di sala 65° IAML / Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Il programma "La scala del cielo" presenta tre composizioni accomunate dal simbolo dell’Esacordo – la scala musicale di sei suoni ai quali Guido d’Arezzo ha dato i nomi traendoli dall’inno Ut queant laxis – suggerendo il percorso ascensionale dalla città dell’uomo alla città di Dio, dal luogo della storia all’esperienza dell’eternità, azione umana, corporea, da condividere con i compagni di viaggio. L’inno Ut queant laxis e la Missa Ut Re Mi Fa Sol La di Giovanni Pierluigi da Palestrina costituiscono due esempi dell’emblematico sistema della musica occidentale composta sui “canti fermi” da noi messi in evidenza con raddoppi vocali e campanelli intonati, pratica usata fin dal Medioevo, mentre l’esercizio dell’esacordo e la simbologia del numero 6 partecipano all’incontro fra la “cornice” antica e il “quadro” moderno costituito da Le Opere di Misericordia di Flavio Colusso.
I due brani del Palestrina sono tra quelli scampati ad una alluvione che colpì nel 1946 la Collezione di Münster e distrusse molti manoscritti di compositori raccolti sotto la lettera “P”; si tratta di copie di mano di Santini che nel Kyrie ha invertito le posizioni di Cantus I e II mettendo in evidenza il “canto fermo”. Così Baini elogia la Messa: «[...] il quale è uno dei tratti sommi di musica del Pierluigi: v’ha in esso un sentimento finissimo, melodie insinuanti, successioni armoniche che toccano, una filosofia fino a quel dì affatto incognita, niente non vi ridonda, niente non vi manca: egli è chiaro, nobile, delicato, grandioso, sentimentale».
Composto su commissione del Museo del Pio Monte della Misericordia di Napoli, dove la partitura autografa è esposta nella sezione permanente di Arte contemporanea, Le Opere di Misericordia è concepito come “esercizio spirituale concertato”. Si divide in otto frammenti dei quali i sei centrali costituiscono i gradini ascensionali dell’Esercizio, intessuto sull’esacordo dalle sei Voci maschili le quali, aderendo alla chiamata delle Voci bianche dall’alto, risuonano al livello terreno invocando il Salvatore perché venga a rendere operante la Sua misericordia attraverso la nostra esistenza e rilanciano, chiedendo la grazia dell’apertura degli occhi interiori e la trasmutazione in uomini nuovi. L’ultimo verso, Coeli scala facta est, sigilla il compimento dell’esercizio: la Voce recitante chiude il cerchio prendendo al fine il volo nel canto intonato e chiama a sua volta con il profeta Isaia: «Venite, saliamo al Monte del Signore», dove tutti si riuniscono nell’unisono finale. Claudio Strinati così conclude la sua presentazione: «La tersa e incantata partitura sembra pensata proprio per introdurre il fedele e l’ascoltatore, dotto o indotto, a una autentica “comunione”, esteticamente pregnante e eticamente del tutto convincente, che per gradi successivi lo eleva verso una forma superiore di bellezza e quiete spirituale. [...] l’idea di un mondo antico inattingibile e il sogno di un mondo ulteriore non afflitto dall’esigenza né della modernità né della conservazione, si incontrano magicamente lungo una specie di scala di Giacobbe che ci porta verso le consolazioni angeliche.